Carne sintetica: no dal governo Meloni. Pro e contro del novel food

Carne sintetica: no dal governo Meloni. Pro e contro del novel food

Gli allevamenti intensivi rappresentano la ragione primaria per cui la produzione di carne sintetica sembra destinata a prendere il sopravvento- si calcola entro il 2030- sulla commercializzazione di carne animale : una pericolosa deriva, così come dipinta da Coldiretti, fermata per tempo dal Governo Meloni che ha imposto con decreto legge il divieto di produzione di carne sintetica e commercializzazione di concimi sintetici in Italia. La contrarietà alla produzione della cd. “carne Frankestein” risale a qualche anno prima raccogliendo consensi anche nel precedente governo: già Stefano Patuanelli, ministro dello sviluppo economico nel governo Conte II e di ministro delle politiche agricole alimentari e forestali nel governo Draghi, nell’ottobre 2021 in occasione dell’evento TuttoFood a Milano,smentiva i paventati benefici della carne sintetica asserendo che la produzione di cibo sintetico in fabbrica o in laboratorio non si traduce nella salvaguardia del futuro dell’alimentazione del Pianeta” bensì sarebbe opportuno “sfruttare le nuove tecnologie per aumentare la sostenibilità delle produzioni agroalimentari, dunque continuare a produrre cibo in modo naturale dall’agricoltura e dai prodotti della terra”.

L’ITALIA DICE NO-Mentre in Italia il centro-destra e insieme Coldiretti esultano per la decisione concordata, l’UE si prepara a dire si a questo tipo di prodotto, purché vengano rispettati gli standard nutrizionali, lasciando intendere che nei prossimi mesi la richiesta di mettere in commercio altri “novel food” – cioé inventati in laboratorio, a base di insetti o semplicemente consumati tradizionalmente al di fuori dell’Europa – potrebbe arrivare sui tavoli di Bruxelles. Ad accendere l’attenzione europea sulla carne sintetica è stato anche il via libera della Food and drug americana alla carne di pollo prodotta in laboratorio. Le aziende di riferimento a livello mondiale, tra laboratori e start up, sono passate da 13 a 117 dal 2016 al 2022 e la produzione globale di carne in vitro si prospetta in aumento fino a 2,1 milioni di tonnellate. Numeri da capogiro, che si traducono in guadagni notevoli per leaziende produttrici: entro il 2030, secondo un’analisi di McKinsey, la carne sintetica costerà quanto quella animale. E gli analisti di Barclays stimano che il business della carne sintetica raggiungerà i 450 miliardi di dollari nel 2040. Chiamata anche carne in vitro, o carne Frankestein, viene coltivata in laboratorio, artificiale, cellulare o a base cellulare – che, in sintesi, è prodotta in laboratorio da cellule staminali animali, coltivate in bioreattori fino a diventare tessuto muscolare. Chiamata anche carne in vitro, viene coltivata in laboratorio, artificiale, cellulare o a base cellulare – che, in sintesi, è prodotta in laboratorio da cellule staminali animali, coltivate in bioreattori fino a diventare tessuto muscolare.

IL PLAUSO DI COLDIRETTI AL GOVERNO-La posizione assunta da Coldiretti è chiara e punta a dare risalto agli aspetti contrari che si celano dietro un hamburger che nulla avrebbe da invidiare a quello di un naturale bovino: “La verità che non viene pubblicizzata è che non è carne, ma un prodotto sintetico e ingegnerizzato. Non salva gli animali perché viene fabbricata sfruttando i feti delle mucche. Non salva l’ambiente perché consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali. Non aiuta la salute perché non c’è garanzia che i prodotti chimici usati siano sicuri per il consumo alimentare. Non è accessibile a tutti poiché è nelle mani delle grandi multinazionali”. Coldiretti denuncia tra l’altro lo stanziamento da parte dell’Unione europea di due milioni di fondi pubblici a due aziende private per il business della cosiddetta carne in provetta. Dietro il business privato della “carne non carne”, “si nascondono rilevanti interessi economici e speculazioni internazionali dirette a sconvolgere il sistema agroalimentare mondiale”.

NEGLI STATI UNITI E’ GIA’ REALTA’-Tutto ciò a discapito di piccoli e medi produttori – come già avviene negli Stati Uniti per l’industria della carne dove quattro società controllano l’85 per cento della produzione di carne bovina. In secondo luogo la produzione di carne vegetale o sintetica potrebbe generare le stesse problematiche dell’industria della carne tradizionale, dalle monocolture intensive all’intenso consumo di energia. Infine, mentre i consumatori che pensano di acquistare prodotti alternativi alla carne, perché vogliono seguire un’alimentazione veg o più attenta all’ambiente, in realtà sostengono le aziende che la producono.

Negli Stati Uniti, invece, questa della carne sintetica è una realtà che va sempre più consolidandosi: un’azienda Usa che ha sviluppato polli cresciuti in laboratorio, prodotti coltivando cellule animali, ha ottenuto una prima e importante valutazione da parte della Food and Drug Administration (Fda). Con questa decisione, la prima per le cosiddette carni coltivate, si certifica che il pollo cresciuto nei laboratori dell’azienda Upside Foods, con sede in California, è considerato sicuro da mangiare, sebbene siano necessarie ulteriori approvazioni prima che i prodotti possano essere venduti negli Stati Uniti. Il consumo di carne sintetica, secondo gli studi effettuati, non solo ridurrebbe le conseguenze negative che connotano gli allevamenti intensivi ma renderebbe meno faticoso produrre carne per soddisfare il fabbisogno mondiale: difatti per produrre carne sintetica si richiede un periodo di tempo minore, pari a poco più di una settimana, a differenza invece del tempo richiesto per allevare naturalmente un bovino.

Esigenza he trova immediato risconto negli USA, dal momento che il consumo pro capite di carne risponde a 97,1 kg contro i 237 g giornalieri consumati dagli italiani. A fronte dell’analisi dei dati sui consumi potrebbe essere davvero prematuro avviare la produzione di carne sintetica in Italia, finché i consumi restano contenuti, piuttosto di cominciare a considerare il passaggio a un’alimentazione meno impattante e più vegetale e che comprenda ad esempio più legumi, è auspicata, ma qualche mese fa l’Oms ha sottolineato come non tutte le diete vegetali siano uguali sottolineando la differenza tra prodotti freschi come frutta, verdura, cereali e legumi e quelli industriali ricchi di sale e zuccheri. Dopotutto ,se i progetti internazionali di produzione di cibo sintetico ci portano a dire che c’è una dieta sola per tutti, che c’è una sola produzione possibile, questa è la strada che porterà tra 50 anni la distruzione dell’agricoltura

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