La crisi che investe il settore bar e ristoranti sembra non avere fine: non solo le entrate economiche hanno subito un netto calo con l’addensarsi della pandemia ma a destare maggiore preoccupazione è la carenza del personale di sala, che diventa sempre più complicato da reclutare. A farsi portavoce del malcontento, che dilaga tra le file degli addetti ai lavori, sono due eccellenze del comparto gastronomico italiano: il primo è Alessandro Borghese, noto chef e personaggio televisivo, che sostiene come “imparare il mestiere non si traduce con una concreta possibilità di guadagno, lavorare richiede sacrificio e abnegazione, tante rinunce per raggiungere una buona stabilità”, mentre Filippo La Mantia, oste e cuoco siciliano così come lui ama defnirsi, precisa come i tempi siano cambiati, che oggi si lavora per necessità piuttosto che per passione ed in particolare sottolinea che i ragazzi di oggi sono “più devoti al divertimento piuttosto che lavorare” e lui stesso non chiederebbe mai ad un giovane di sacrificare i suoi spazi per il lavoro, data l’evoluzione della condizione di cameriere, o di chef, in Italia.
TUTTA COLPA DEL RdC?-Le cause che alimentano questo disagio sono molteplici, il reddito di cittadinanza ad esempio, sembra essere quella su cui gran parte puntano il dito: perché spaccarsi la schiena quando ognuno può farne richiesta guadagnando comodamente senza far nulla? È stato il ministro del Turismo Massimo Garavaglia a spiegare che mancano 250mila lavoratori tra alberghi, ristoranti e stabilimenti balneari. Garavaglia ha puntato il dito contro il reddito di cittadinanza, che a suo dire distorcerebbe il mercato del lavoro: i numeri , in vista della stagione estiva, sono preoccupanti.
ORARI E STIPENDI INADEGUATI-Un’ulteriore spinta a questa crisi che non sembra avere via d’uscita è data diversi fattori. La pandemia ha cambiato notevolmente le carte in tavola, offrendo ai giovani nuove possibilità di lavoro, spesso più confortevoli. Chi cerca un impiego oggi cerca garanzie e orari più flessibili, che ristorazione e accoglienza non riescono a dare. Ci sono poi gli stipendi non adeguati, almeno secondo i sindacati: 10, 12 ore di lavoro al giorno senza giorni di riposo per 900/1200 euro al mese. E anche dove stipendi e contratti risultano interessanti, è proprio l’orario a tenere lontani i più giovani. Per Borghese «manca la devozione al lavoro». Forse, più semplicemente, è cambiato il modo di vivere il lavoro, che è necessità e non missione.
ROBOT NEL FUTURO-Questo scenario, poco rassicurante, apre la possibilità di affiancare del personale robotico a quello umano, che in diverse parti del mondo così come in Italia, è già realtà: dalla Sicilia al Trentino, camerieri molto speciali sono già in pieno regime lavorativo.
Ma quali sono le caratteristiche che li rendono, sotto certi aspetti, migliori? Spicca sicuramente l’abilità di parlare più lingue, ma è un altro l’elemento differenziante: sono infaticabili. Il robot non chiede giornate di riposo, non si ammala (al massimo necessita di manutenzione regolare), non ha bisogno di riposarsi. Dopo l’investimento iniziale per averlo, i costi diminuisco rispetto al personale umano. Per questo motivo si teme la perdita di posti di lavoro, e c’è chi grida a scenari apocalittici in cui le macchine prenderanno il sopravvento, rendendo, di fatto, inutile l’intervento umano. Sarà davvero così?