La figura della donna nella camorra assume grande importanza: da sempre, queste donne, non sono mai state relegate al singolo ruolo di moglie e madre, bensì di fedeli compagne pronte ad affiancare i compagni boss all’interno dei clan. Compagne, figlie, sorelle dei boss che diventano a loro volta capoclan: le donne di camorra hanno scritto pagine importanti della storia della malavita organizzata napoletana. Da Nikita, la donna killer del Rione Traiano, a Teresa De Luca Bossa, prima donna in carcere al 41 bis: spesso sono state più spietate degli omologhi maschili e hanno costruito veri e propri imperi.
Chi sono le donne della camorra
Da Pupetta Maresca a Rosetta Cutolo, per arrivare alla spietata Nikita e alla “Masculona”: nell’universo camorra le donne non sono mai mancate. Prima come mogli, compagne e amanti dei boss, ossequiate e rispettate come first lady, poi eredi del potere criminale quando i mariti sono stati uccisi o sono finiti in galera. E, in molte occasioni, si sono rivelate più capaci e spietate dei loro omologhi al maschile, riuscendo a reggere le redini del clan per molti anni, tenere a bada i rivali e mantenere il potere a furia di estorsioni ed omicidi.
Non è però da sottovalutare l’altra faccia della medaglia. Esiste un dualismo dell’essere donna all’interno di questo mondo: da un lato il percorso che le porta a quella premiership all’interno delle organizzazioni mafiose, molto spesso in sostituzione di un patriarcato, dall’altro quelle donne che proprio perché più protese al tema della legalità, della lotta alle ingiustizie, della difesa anche dei valori familiari e sociali di comunità, sono anche quelle che più di tutte si ribellano rispetto a questa sovrastruttura mafiosa. Cita la figura di Lea Garofalo, uccisa per salvare la figlia. «L’obiettivo è comune e collettivo: la battaglia contro le mafie passa necessariamente attraverso le donne, perché senza di loro perde forza e si impoverisce».
Donne di camorra: la carnefice Pupetta Maresca e la vittima Lea Garofalo
Pupetta Maresca e Lea Garofalo sono solo due delle donne che, tra tante, hanno scritto la storia dell’universo femminile rispettivamente della camorra e della ‘ndrangheta. Pupetta era figlia di Alberto Maresca, un contrabbandiere talmente pericoloso da venire espulso dal paese di residenza, e nipote di Vincenzo Maresca, condannato a sette anni per l’omicidio del fratello Gerardo. Di notevole bellezza (vinse un concorso locale di miss), quando Pasquale Simonetti (detto Pascalone ‘e Nola per la sua mole) si innamorò di lei i familiari benedissero il fidanzamento. Il 27 aprile 1955 Pupetta Maresca, già incinta, sposò il giovane delinquente. Testimone di nozze fu Antonio Esposito, detto Totonno ‘e Pomigliano, futuro mandante dell’assassinio del marito.
L’assassinio di Pasquale Simonetti e la vendetta della moglie Pupetta Maresca
Il 15 luglio 1955 Orlando Carlo Gaetano uccise Pasquale Simonetti. Alcuni mesi dopo, il 4 ottobre, Assunta – al sesto mese di gravidanza – uccise il presunto mandante dell’omicidio: Antonio Esposito. Secondo gli inquirenti, i colpi partirono da almeno quattro pistole. Il 14 ottobre 1955, la Maresca fu arrestata e condotta nel carcere di Poggioreale. Nel corso della sua detenzione partorì il primo figlio, Pasqualino. Condannata a 13 anni e 4 mesi per omicidio (con l’attenuante della provocazione) più l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, fu graziata dopo oltre dieci anni di detenzione.
La morte di Pasquale, figlio di Pupetta Maresca
Nel 1974 il figlio Pasquale fu ucciso in un agguato: il corpo non fu mai ritrovato (secondo alcuni, venne rapito, legato ad un sasso e gettato in mare). Pasquale non aveva accettato la relazione della madre con Ammaturo e più volte lo aveva minacciato. Dell’omicidio fu subito sospettato Ammaturo, ma Pupetta non accettò mai del tutto questa ipotesi.
La guerra contro Cutolo
Pupetta Maresca fu accusata di essere la mandante dell’omicidio di Ciro Galli (uomo di Raffaele Cutolo), ucciso nel 1981 per vendetta trasversale. Il pm chiese l’ergastolo, ma nel 1985 fu assolta per mancanza di prove. Poco dopo fu arrestata perché accusata di aver ordinato l’omicidio di Aldo Semerari, il criminologo e psichiatra che aveva dichiarato pazzo Cutolo; in seguito fu assolta. Fu assolta anche dalle successive accuse di tentata estorsione ad una banca e di traffico di stupefacenti. Muore il 29 dicembre 2021 ad 86 anni.
Lea Garofalo: da collaboratrice di giustizia a vittima della ‘ndrangheta
Lea Garofalo è stata una collaboratrice di giustizia e vittima della ‘Ndrangheta, torturata e bruciata da suo marito e il fratello. La donna fu sottoposta a protezione dal 2002, insieme alla figlia, quando decise di testimoniare sulle faide interne tra la sua famiglia e quella del suo ex compagno Carlo Cosco. Grazie alle parole di Lea Garofalo sono i carabinieri di Milano svolgono un blitz e arrestano Floriano Garofalo, fratello di Lea, boss della città di Petilia Policastro. L’accusa è di attività malavitosa nel centro lombardo.
La trappola mortale tesa a Lea Garofalo
Il 24 novembre 2009, Cosco fa un’imboscata a Lea chiedendole di andare con lui in un appartamento. La donna però era ormai da molti mesi fuori dal programma di protezione, e casca nella trappola tesa dall’ex compagno. Il corpo della vittima fu bruciato. Venturino, uno degli ergastolani, ha rivelato recentemente macabri dettagli della morte della donna che hanno consentito agli investigatori di ritrovare i frammenti ossei di Lea e una sua collana.
Chi è Denise Cosco, la figlia della vittima
Denise Cosco è nata il 4 dicembre del 1991, e attualmente ha 29 anni, ma quando la madre fu uccisa da suo padre, strangolata e carbonizzata, ne aveva solo quattro. Denise fin dall’inizio, nonostante la sua tenera età, decise di testimoniare contro il padre, invitandolo anche al funerale di sua madre Lea.