L’omicidio efferato compiuto da una giovane coppia di fidanzatini, a distanza di vent’anni dall’accaduto, ancora riecheggia per l’atrocità dell’esecuzione che ha coinvolto una madre e suo figlio, di soli 12 anni. Uno strazio che lacera il cuore, per un padre, quando scopre che lui è sopravvissuto quasi per caso, e che a commettere il folle gesto è sua figlia Erika. E’ nella città di Novi Ligure che si consuma uno dei più esasperati omicidi italiani: lei, 16 anni, e lui Omar, 17, architettano un piano diabolico per eliminare madre e fratellino di lei, Susy Cassini e Gianluca De Nardo, per un parricidio che non conosce precedenti e che, soprattutto, non ha alcuna giustificazione.
LA NORMALITA’ SCONVOLTA-I due killer adolescenti però, non sono gli unici protagonisti di questo macabro racconto. Seppur gli unici colpevoli, i riflettori mediatici sono tutti puntati sul padre di Erika, l’ingegnere Francesco De Nardo, che sembra chiudersi in una dimensione singolare, incomprensibile, ma coraggiosa: si schiera dalla parte di Erika, esortandola a farsi forza, senza mai voltarle le spalle. Quel 21 febbraio 2001, l’ingegner De Nardo era uscito per il calcetto del mercoledì. Fece un po’ tardi, e questo lo salvò. Dirigeva lo stabilimento dolciario della Pernigotti e fu proprio l’azienda a proporsi in aiuto per ripulire la villetta macchiata del sangue delle vittime. Lui rifiutò, e fece da solo. Ci mise quasi due giorni, per scrostare il sangue di sua moglie di suo figlio dai pavimenti e dalle pareti della villetta.
“NON MI RIMANE CHE LEI”– Tra il dolore e l’amarezza, di un gesto terribile e insensato, a far scalpore è la reazione del suo papà, che si schiera dalla parte di Erika, con il dito di tutti puntato contro, ma lui, no: abbraccia sua figlia al termine dell’udienza, sconfortata e avvilita dalla sentenza che le toccò in sorte. Le disse di farsi coraggio, ripetendo a sua figlia che non bisognava arrendersi. La tenne stretta, come aveva cominciato a fare subito dopo la scoperta che era stata lei, con una risolutezza che non hanno mai avuto deroghe o concessioni. Come se salvare quella figlia considerata da tutti un mostro per quel che gli aveva fatto fosse diventato per lui l’ultima ragione di vita, una missione da compiere per redimere, per espiare, forse l’unico modo per salvare entrambi. Nessuno poteva comprendere, e mai nessuno sarebbe riuscito a farlo, l’atteggiamento di un padre colpito nel profondo, assalito dalla disperazione, che oramai nulla più gli rimaneva, se non quella ragazza, etichettata mostro, sua figlia. «La mia vita è stata spazzata via da un tornado» disse. «Ma non è vero che sono solo e disperato. Voi giornalisti vi ostinate a non capire che io ho ancora lei, ho Erika. E farò di tutto per proteggerla, finché rimarrò al mondo». E ancora: «Nelle mie condizioni, capire è un lusso», usò questa espressione, aggiungendo che sarebbe venuto il momento di affrontare quella sua battaglia privata, ma dopo. Non c’era alcun mistero, disse. «In fondo è semplice: io sono suo padre, sono tutto quel che le rimane, lei è tutto quel che mi resta».