Europa verso la difesa comune: come la guerra in Ucraina cambia l’Unione

Europa verso la difesa comune: come la guerra in Ucraina cambia l’Unione

«L’Europa si fa nelle crisi. Questa è una grande crisi». Il commento di Joseph Borrell, l’Alto rappresentante dell’Unione europea, promuove un concetto di Unione che solo fino a qualche tempo fa sarebbe stato considerato un miraggio: dopo decenni da gigante economico ma “nano” militare, l’invasione russa cambia logiche e priorità del Vecchio Continente. La conferma arriva dallo stanziamento di 450 milioni di euro in armi che l’Unione europea sta inviando all’Ucraina e già si ergono le voci che chiedono un budget per la difesa europea di 500 miliardi di euro. Nel giro di una settimana l’Europa è diventata potenza geopolitica. La crisi della guerra portata da Mosca ai confini d’Europa, sta facendo nascere la difesa comune.

Solo l’anno scorso l’Europa, conscia di un mondo in profondo cambiamento, aveva creato la “European Peace Facility”, o EPF, uno strumento al di fuori del budget europeo con un tetto massimo di 5 miliardi di euro, per finanziare operazioni di sicurezza internazionale che hanno implicazioni militari. A marcare il cambio di passo è la Germania di Olaf Scholz stanzia 100 miliardi di euro per le sue forze armate e si impegna a mantenere i suoi investimenti in Difesa al di sopra di quel 2 percento annuo del prodotto interno lordo che aveva promesso e mai mantenuto in sede Nato.  Così perfino la Svezia, che non fornisce armi a nessuno dal lontano 1939, abbandona la sua politica di neutralità e invia 5mila missili anti carrarmato in Ucraina. Come la Germania. Come l’Italia.

Le misure militari seguono altre mosse che fino a ieri a Bruxelles sembravano impossibili: la Germania ha messo in freezer il gasdotto Nordstream2 che avrebbe dovuto diventare l’alternativa di Vladimir Putin ai due gasdotti che per portare gas in Europa attraversano l’Ucraina, portandole risorse. Ma intanto Scholz ha già annunciato la riapertura di rigassificatori tedeschi e l’Italia quella di centrali a carbone ormai sulla via dell’estinzione. L’Europa si prepara a fare a meno della Russia. E se nel breve periodo vorrà dire una severa battuta d’arresto per la transizione verde,  tra qualche anno potrebbe però accelerarla di colpo, tempo di costruire le nuove infrastrutture.

fonte: L’Espresso

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