Ucciso in nome della verità. Perché raccontava i fatti, con coerenza e precisione, senza aggiungere né togliere. I pezzi di Giancarlo Siani, giornalista de “Il Mattino”, spiegavano le dinamiche , le vicende e i rapporti tra i clan della camorra. Osava senza temere, non udiva le minacce, l’amore per la sua professione andava ,forse, troppo oltre. Fino al momento cruciale in cui fu deciso che Siani doveva morire. Vennero a galla verità scomode, inaudite, che nessuno avrebbe dovuto rivelare.
IL MOVENTE-E’ il 23 settembre 1985, sono le 20.50, a Napoli. Il giornalista Giancarlo Siani, arriva sotto casa sua, in via Romaniello, a bordo di una Citroen Mehari. Viene freddato da una raffica di colpi di pistola da due uomini affiliati alla Camorra. Aveva appena compiuto 26 anni, il 19 settembre. Tra le inchieste portate avanti, una delle più scottanti, insieme all’intreccio tra boss locali e politici per accaparrarsi finanziamenti per la ricostruzione dell’Irpinia, quella sullo “scambio di favori” tra Polizia e i clan delle famiglie Nuvoletta e Bardellino. I primi erano amici dei corleonesi di Totò Riina, gli altri un clan in ascesa, entrambi impazienti di sbarazzarsi del boss Valentino Gionta e di sancire tra di loro un patto di non belligeranza e spartirsi il controllo del territorio.
L’AMORE PERDUTO-Ad affiancare il suo ricordo, la fidanzata dell’epoca, Daniela Rossignaud. Dal giorno dei funerali, la giovane non pensò mai di giocare da protagonista nella dolorosa vicenda. Chiusa nel dolore, torna a vivere all’hotel Aequa, a Vico Equense, proprietà della famiglia Rossignaud. E’ difficile, per noi spettatori della vicenda , descrivere la sofferenza di una ragazza che improvvisamente fionda nella disperazione per la perdita del suo amato, ma quel che possiamo constatare è il sentimento che univa Giancarlo e Daniela: l’incrocio di sguardi, muto, attraversa la corrente del mare per giungere dritto al cuore.
