Fu la caduta di Siad Barre, presidente e dittatore della Repubblica Democratica Somala, nell’anno 1991, a segnare la carriera giornalistica e l’esistenza di Ilaria Alpi. Da quel momento, una seria di eventi precisi condussero la giornalista in Somalia, precisamente nel dicembre 1992 per seguire, come inviata del TG3, la missione di pace Restore Hope, coordinata e promossa dalle Nazioni Unite per porre fine alla guerra civile scoppiata l’anno precedente. Ilaria Alpi insieme con il suo cineoperatore Miran Hrovatin, volle ampliare la sua inchiesta, portando alla ribalta un possibile traffico di armi e di rifiuti tossici che avrebbero visto, tra l’altro, la complicità dei servizi segreti italiani e di alte istituzioni italiane: Alpi avrebbe infatti scoperto un traffico internazionale di rifiuti tossici prodotti nei Paesi industrializzati e dislocati in alcuni paesi africani in cambio di tangenti e di armi scambiate con i gruppi politici locali.
LA VICENDA– La giornalista e il suo operatore erano di ritorno da Bosaso, città del nord della Somalia: qui Ilaria Alpi aveva avuto modo di intervistare il cosiddetto sultano di Bosaso, Abdullahi Moussa Bogor, che riferì di stretti rapporti intrattenuti da alcuni funzionari italiani con il governo di Siad Barre, verso la fine degli anni ottanta. La giornalista salì poi a bordo di alcuni pescherecci, ormeggiati presso la banchina del porto di Bosaso, sospettati di essere al centro di traffici illeciti di rifiuti e di armi: si trattava di navi che inizialmente facevano capo ad una società di diritto pubblico somalo e che, dopo la caduta di Barre, erano illegittimamente divenute di proprietà personale di un imprenditore italo-somalo. Tornati a Mogadiscio, Alpi e Hrovatin non trovarono il loro autista personale, mentre si presentò Ali Abdi, che li accompagnò all’hotel Sahafi, vicino all’aeroporto, e poi all’hotel Hamana, nelle vicinanze del quale avvenne il duplice delitto.
PERCHE’ E’ MORTA ILARIA ALPI?-Ancora oggi, a distanza di ventotto anni dalla misteriosa morte, insistiamo a chiederci quale mistero nasconde Bosaso, piccola città del Nord-Est della Somalia affacciata sul golfo di Aden, ridotta a un ammasso di rovine da 10 anni di guerra civile? Cosa ha turbato Ilaria Alpi, al punto da costarle la vita?La domanda è senza risposta, perché da allora omissioni, coperture, depistaggi, silenzi hanno impedito ai familiari, e a tutti gli italiani, di sapere. Furono assassinati, Alpi e Hrovatin, in un agguato organizzato dalla Cia con l’aiuto di Gladio e servizi segreti italiani, perché avevano scoperto un traffico di armi gestito dalla Cia attraverso la flotta della società Schifco, donata dalla Cooperazione italiana alla Somalia ufficialmente per la pesca.
Diversi testimoni raccontano di un articolato sistema di traffici di armi, rifiuti pericolosi e scorie radioattive, i cui proventi alimentavano in parte conti neri o finivano in tangenti. In particolare, gli investigatori ritengono che Ilaria Alpi possa essere stata uccisa non tanto per aver raccolto informazioni e prove su presunti trasporti di armi fatti con i pescherecci della società italo-somala Shifco, quanto per aver scoperto a Bosaso depositi di armi trasportate da Hercules C-130 italiani e ancora recanti l’indicazione della loro provenienza dai Paesi dell’Europa orientale.
IN NOME DELLA VERITA’-Luciana Alpi, madre di Ilaria, morta nell’anno 2018, ha combattuto fino all’ultimo sperando di ottenere verita e giustizia: grazie alla sua ostinazione, alla sua scrupolosa verifica delle notizie che si sono susseguite in tutti questi anni, alla sua costanza nel pretendere verità dalla magistratura italiana, senza mai cedere alla rassegnazione. L’unica persona ad essere stata condannata è Hashi Omar Hassan, poi assolto per non aver commesso il fatto.
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