E’ solo un bambino, nero come la pece, miracolosamente sopravvissuto a un bombardamento. Quel bambino che ha dovuto dimenticare in fretta l’età dei giochi, della spensieratezza, dell’infanzia. Lo stesso bambino che ogni giorno dovrà lottare per sopravvivere e sperare di potersi cullare tra le braccia della mamma, sempre che gli sia ancora concesso, sempre che la mamma non sia sepolta tra le macerie o che sia dispersa. Questo bambino di cui non conosciamo il nome è testimonianza di una guerra che ancora un volta punisce gli innocenti, senza distinzioni di età, ruoli, status sociale. Guerra? Cos’è la guerra? Come lo spieghi ad un bambino? In che modo si può comunicare che i suoi prossimi anni saranno di devastazione, dolore e morte, che non ci sarà tempo per festeggiare i primi compleanni, e non potrà godere degli anni più buoni della sua esistenza? La tenera età, forse, non gli concede ulteriori preoccupazioni: l’inconsapevolezza di vivere come fosse ogni giorno il primo sarà la sua salvezza , e quel trambusto della guerra, il cielo nero, le manine sudice di polvere da sparo, al suo risveglio, domani, saranno le trame di un incubo che , prima o poi, cesserà.
