Malmenato, ridotto in fin di vita dal patrigno, costretto a mentire: questi sono solo alcuni dei macabri passaggi che narrano il tragico episodio che coinvolge un bambino di soli sei anni, succube della violenza esercitata dal patrigno, un marrocchino di 23 anni. Il movente è così terribilmente banale, che fa rabbrividire: il piccolo era tenuto a rispettare le regole impartitegli, di bere e mangiare solo quando gli veniva concesso. Le punizioni riservate erano durissime, tra le tante- racconta la madre- era stato lasciato in balcone, al freddo, con i capelli bagnati dopo la doccia. Anche la donna è stata per lungo tempo oggetto di violenze e umiliazioni da parte dell’uomo, che si forzava a negare per fornire un quadro non allarmante della loro quotidianità.
L’accusa che grava sul patrigno è di tentato omicidio e maltrattamenti in famiglia per aver «martoriato» il bambino, «colpendolo con forti pugni allo stomaco dopo avergli legato le mani dietro la schiena con una sciarpa». La conversazione è stata catturata dagli investigatori nella stanza d’ospedale dove a gennaio era ricoverato il bambino a causa di gravi lesioni interne.
«Tu adesso puoi fare tutto quello vuoi, non mi devi più chiedere nulla, ok? Perché io ti voglio bene e non voglio che tu stia male. Quello che tu vuoi, puoi farlo: andare dalla nonna, al mare, al parco, in piscina»«Ti prometto che non la faccio mai più. Quando esci andiamo alle giostre, ti compro un gioco per la Play Station. Non parlare, non parlare», ripete con fermezza l’uomo al bambino. In un altro passaggio, gli ricorda che se parla «ti porteranno via, in un posto abbandonato». Il piccolo non ha mai raccontato quello che accadeva in casa e a scuola negava quando le maestre gli chiedevano se andasse tutto bene. Le uniche confidenze le fa alla zia, alla quale un giorno dice: «Mangio tanti spinaci per diventare forte e poter colpire lui con un pugno».