Perché tacere?

Perché tacere?

Poco scalpore per la morte di un bianco, ucciso da un afroamericano, nella città di New York. Giusto qualche riga di cronaca relegata alle ultime pagine di quotidiani americani locali. Insomma, per Davide Giri, 30 anni, originario di Alba, non c’è da scomporsi troppo, nonostante la sua uccisione sia avvenuta in circostanze del tutto inusuali e senza un valido deterrente: il killer 25enne, Vincent Pinkney, pregiudicato, più volte arrestato per crimini violenti,  ha selvaggiamente aggredito il ricercatore italiano mentre rientrava alla Columbia University dopo una partita di calcio. La sua vita spezzata per sfregio da un vorace odiatore della razza bianca, membro di Ebk, acronimo di Everybody Killas («uccidiamo tutti»), una gang la cui base operativa è nel quartiere di Queens. Pugnalato con ferocia, Davide muore due volte: l’ultima pugnalata è data dall’indifferenza con cui la stampa americana ha trattato il suo omicidio, contrapponendosi con forza al fatto opposto, ovvero, se a morire fosse stato un afroamericano. Con l’omicidio di George Floyd da parte di un agente bianco il 25 maggio 2020 a Minneapolis, e il rilancio del movimento antirazzista Black Lives Matter, i principali quotidiani hanno abbracciato slogan come «tagliamo fondi alla polizia». Persino il New York Times- che per l’omicidio di Davide Giri ha optato per una reticenza che sconfina nell’autocensura-  si è fatto promotore di un’iniziativa, The 1619 Project, che rilegge l’intera storia americana come una derivazione dello schiavismo che condizionerebbe tuttora ogni istituzione, l’intero sistema legale, la cultura e la scuola. Un’evidenza, amara e deludente, chi ci fa comprendere quanto la suscettibilità innanzi alla vita ,o alla morte, sia mossa da suggestioni e interessi politici.

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