Scomparsa Sara Pedri, l’indagine dell’Asl trentina sul «sistema punitivo»

Scomparsa Sara Pedri, l’indagine dell’Asl trentina sul «sistema punitivo»

Dopo la scomparsa della ginecologa forlivese Sara Pedri, il 4 marzo, un terremoto si è abbattuto sulla sanità trentina. Da quando la giovane si era trasferita all’ospedale Santa Chiara di Trento, in novembre, qualcosa in lei era cambiato. Non era più la ragazza sorridente che tutti conoscevano a Catanzaro, dove aveva fatto i 5 anni di specializzazione. Il perché Sara lo aveva confidato alla sorella Emanuela e al fidanzato, a cui aveva parlato di un «clima di terrore» sul posto di lavoro, tra minacce e umiliazioni.

«Dalla documentazione emergono fatti oggettivi e una situazione di reparto critica che rende necessario, dal 12 luglio, il trasferimento del direttore dell’unità di ostetricia e ginecologia ad altra unità e di un altro dirigente medico ad altra struttura ospedaliera dell’Azienda sanitaria», si legge in un comunicato diffuso nella mattinata di ieri. L’ultima parola sul futuro dei sanitari spetterà all’ufficio procedimenti disciplinari. 

Con parole chiare, che hanno il peso di una sentenza, ieri mattina l’azienda sanitaria trentina ha chiuso l’indagine interna avviata per far chiarezza sul «sistema punitivo» che vigeva nell’unità di ginecologia dell’ospedale Santa Chiara di Trento. Le 110 testimonianze e la «corposa documentazione» raccolta hanno portato a una conclusione; il primario Saverio Tateo e un’altra dirigente medica, da lunedì 12 luglio, non opereranno più nel reparto. Sono stati trasferiti ad altro incarico, «al fine di tutelare la serenità delle pazienti, degli operatori coinvolti e a salvaguardia del buon funzionamento del reparto», spiega l’azienda.

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