Suicidio assistito, Federico Carboni è ora “libero di volare”

Suicidio assistito, Federico Carboni è ora “libero di volare”

La ‘non’ vita di Federico Carboni ha inizio dodici anni fa quando a seguito di un incidente stradale rimane tetraplegico, senza alcuna possibilità di recupero delle funzioni motorie. Dodici lunghi anni, in cui il 44enne di Senigallia ha imparato a sopravvivere, certo di dover consumare i suoi giorni senza alcuna aspettativa di ritorno a quella che era la sua vita. Dunque, Federico, non per sua volontà, è stato costretto ad abitare in un corpo inanimato, che non rispondeva più ad alcun comando: solo i suoi occhi, liberi di muoversi ed esprimere pensieri ed emozioni, erano l’unico mezzo di comunicazione con il mondo esterno, e che forse hanno resa possibile la coabitazione dell’anima in un corpo non più suo. Abbiamo imparato a conoscere quest’uomo, rassegnato ma sereno, con il nome di Mario, che ha voluto rendere pubblica la sua vicenda, restando anonimo, per il tramite dell’Associazione Luca Coscioni, che lo ha affiancato anche nella battaglia legale successiva alla sentenza della Corte Costituzionale 242/2019 sul caso Cappato-Antoniani e che ha raccolto fondi per la strumentazione necessaria. Solo ieri, Federico, ha deciso di rendere pubblica la sua reale identità, il giorno in cui finalmente si è sentito ” libero di volare”: dopo quasi due anni di battaglie legali, fra cause penali, ricorsi, diffide… Federico ha potuto attuare la sua volontà di morire, nella sua abitazione, auto iniettandosi il farmaco letale, mediante un macchinario del valore di 5.000 euro, procurato dall’Associazione che ha lanciato una raccolta fondi per acquistarlo. Il fine vita di Federico rappresenta il primo caso in Italia di suicidio assistito, scrivendo così una nuova pagina di giurisprudenza.

In Italia manca la legge

L’autorizzazione al suo suicidio assistito era arrivata lo scorso febbraio, dopo un lungo contenzioso legale: l’accesso al suicidio medicalmente assistito in Italia non è regolato da nessuna legge, ma esclusivamente da una sentenza della Corte Costituzionale che implica che ogni singolo caso debba essere gestito dalle autorità sanitarie locali, con criteri difficili da individuare. Una proposta di legge per regolamentare il suicidio assistito è stata approvata a marzo dalla Camera, ma non è ancora stata discussa dal Senato.

Le condizioni

Le condizioni per cui una persona può chiedere di accedere alla pratica sono chiare e ben precise: che sia tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitali; affetto da una patologia irreversibile; quest’ultima, fonte di sofferenze intollerabili; e in ultimo che la persona sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. Sofferente più di sempre per un’infezione che lo tormentava da settimane, lui se n’è andato sereno. Chiedeva ogni giorno se finalmente fosse arrivata o no il macchinario che gli avrebbe consentito di mandare in vena la pozione letale, chiamiamola così. Avrà ripetuto mille volte che «io ho sempre osservato le leggi e ho voluto resistere anche per chi verrà dopo di me». Ad assistere Federico nel compimento dell’eutanasia, Mario Riccio, 63enne anestesista e dirigente dell’Associazione, già protagonista nel distacco dei supporti vitali che portò alla morte Piergiorgio Welby.

Le ultime parole

«Non nego che mi dispiace congedarmi dalla vita, sarei falso e bugiardo se dicessi il contrario perché la vita è fantastica e ne abbiamo una sola. Ma purtroppo è andata così. Ho fatto tutto il possibile per riuscire a vivere il meglio possibile e cercare di recuperare il massimo dalla mia disabilità, ma ormai sono allo stremo sia mentale sia fisico. Non ho un minimo di autonomia della vita quotidiana, sono in balìa degli eventi, dipendo dagli altri su tutto, sono come una barca alla deriva nell’oceano. Sono consapevole delle mie condizioni fisiche e delle prospettive future quindi sono totalmente sereno e tranquillo di quanto farò. Con l’Associazione Luca Coscioni ci siamo difesi attaccando e abbiamo attaccato difendendoci, abbiamo fatto giurisprudenza e un pezzetto di storia nel nostro paese e sono orgoglioso e onorato di essere stato al vostro fianco. Ora finalmente sono libero di volare dove voglio».

I numeri in Svizzera

In Svizzera, il suicidio assistito è considerato un’opzione legittima alla fine della vita ed è aperto anche alle persone provenienti dall’estero. IE’ un tema delicato, ma in Svizzera è sempre più accettato. Sono più di 1’000 le persone che ogni anno ricorrono al suicidio assistito per porre fine alla propria vita. Nel 2020, le persone malate di cancro hanno rappresentato il 36% (333) di tutti i casi di suicidio assistito (913), secondo Exit, l’organizzazione più grande.

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